Le forme del legno (luglio-agosto 2009)

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LE FORME DEL LEGNO: UNA MOSTRA ALLA “SALA RAPARO” DI MARRADI

Un albero: sul suo tronco, sui rami, sulle radici si rappresenta la storia di una vita; nervature, escrescenze, nodi, strappi, ferite, buchi come tracce visibili del tempo trascorso, delle malattie, delle avventurose vicende legate al cielo e alla terra.
Non è molto diverso il corpo di un uomo.
Per questo, forse, operare sul legno, tagliarlo, scavarlo, inciderlo e lisciarlo per creare oggetti d’uso quotidiano oppure assecondarne le forme naturali per imprimergli le immagini della fantasia è sa sempre uno dei modi più diretti e semplici praticati dall’uomo per mettersi in rapporto col mondo della natura portando alla luce il “bello” che vi si cela.

Nel paesaggio di Marradi i boschi, soprattutto i castagneti, sono vere e proprie “cattedrali di legno”, popolate di tronchi giganteschi, dove lo sguardo coglie le forme e i rapporti di una armonia misteriosa: qiu il legno rappresenta già di per sé tutta la sua favolosa espressività materica.

Si intuiscono le ragioni per cui nel paese, da tempo immemorabile, è presente e diffusa la passione di lavorare il legno.

Lanfranco Raparo, l’artista a cui Marradi ha dedicato una Sala di Esposizione Permanente, non faceva eccezione a questa regola. Quando scolpiva, sceglieva preferibilmente il legno e, spesso, utilizzava legni trovati casualmente nel corso delle sue esplorazioni dei boschi, lungo i sentieri e i greti dei torrenti.

La Mostra che si inaugura il primo agosto vuole prima di tutto riproporre al pubblico queste sculture su legno di Lanfranco Raparo, spesso messe in ombra dalla sua preponderante – e più popolare – produzione pittorica. Si tratta di alcuni piccoli pezzi (diversi Uccelli e il delicatissimo  Cavallino) in cui l’intervento dell’artista è minimo, anche se determinante, su ciò che la natura ha inventato nella sua arte inconsapevole. Ad essi si aggiungono tre figure (Narciso, l’Atleta, e il Giovane con mazzo di fiori), anch’esse di modeste dimensioni, più lavorate e complesse, con aggiunte di materiale agglomerato di segatura e colla variamente modellato. Un caso a sé è costituito dalla grande Aquila, composizione elaboratissima di elementi di castagno intagliati singolarmente e assemblati secondo un preciso progetto di rappresentazione fantastica.

A questa rilettura delle sculture su legno di Lanfranco Raparo, si è pensato di affiancare la presentazione di nove diversi “artisti del legno”, marradesi puro sangue o comunque legati a Marradi in modo continuativo, a riprova del perdurare di una tradizione che ancor oggi si manifesta nelle forme più varie e attraenti.

Appare straordinaria la diversità degli approcci e degli esiti: l’entusiasmo giovanile di Emiliano e Simone, appassionati cultori del tornio, la valenza mitologica dei bastoni di Beppe, la sensibilità musicale del liutaio Angelo Cappelli, lo spirito storicistico che anima i plastici di Vitaliano Mercatali… Ognuno dei nove ha una sua storia, una sua personale scoperta del legno come materia sensibile, capace di accogliere la volontà della mano che la modella, la incide, la lavora per mestiere o per piacere, approdando poco alla volta a una personale scelta creativa.

È il caso del falegname Luigi Nannini, morto novantenne, che avanzando negli anni sempre più si allontana dalla sfera dell’utile per immergersi nella sfera del bello; o del restauratore Amos Ronconi, partito dalle modeste incombenze di una bottega di paese e approdato alle raffinate emozioni legate al recupero del mobile antico…

Per alcuni, la scoperta del legno non avviene in bottega, ma per caso, dall’osservazione occasionale di un pezzo dalla forma strana e attraente, come ricorda Luigi Rindi, divenuto poi ricercatore e raccoglitore sistematico di legni lavorati dalla natura, intuiti a prima vista come base cui aggiungere il suo intervento di scultore.

C’è, infine, il falegname naïf vero e proprio: il vecchio Gosto, cioè Agostino Sartoni, amico storico di Lanfranco Raparo, cui fece dono di un imponente seggiolone di castagno, quasi un trono primitivo, lavorato con la tecnica arcaica dello zappetto. Dono quanto mai gradito a un artista come Raparo, schivo e fiero delle sue scelte orgogliosamente anticonvenzionali.

Come graditissima gli fu l’”investitura” dell’”Ordine del Bastone”, da parte di Beppe Montuschi (e quel bastone è qui presente alla Mostra), singolare congregazione i cui affiliati sono scelti dal fondatore secondo i criteri di una sorta di codice cavalleresco medievale.

Fermiamo dunque il nostro sguardo su questi manufatti: le belle ciotole e le finissime coppe, gli strumenti nei quali è racchiusa la segreta magia della musica, i plastici dal bruno colore del castagno cui una mano esperta e consapevole affida il desiderio di ricreare il passato…

È l’eterna favola del legno che qui viene rappresentata.

Livietta Galeotti Pedulli